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Così domani introdurrò i miei studenti ad Adam Smith. Come è noto, Smith è solitamente annoverato tra i padri fondatori del laissez faire in politica economica. E, intendiamoci, egli fu senza dubbio un pensatore liberale. La sua parabola della “mano invisibile” del mercato è la metafora più conosciuta nell’ambito delle scienze sociali. Eppure, si dimentica spesso di sottolineare che a tale metafora Smith dedicò appena poche righe. In effetti, Smith la utilizzò soltanto due volte nelle proprie opere. Per contro, proprio Smith pose le basi della teoria del valore-lavoro (da cui deriva come corollario che il surplus di un’economia origina dallo sfruttamento dei lavoratori nella sfera della produzione) sviluppata successivamente da David Ricardo e Karl Marx. Inoltre, chiarendo che la divisione delle mansioni e dunque la produttività del lavoro sono vincolate dall’estensione del mercato, Smith mosse una critica implicita agli approcci economici incentrati sul lato dell’offerta e alle loro implicazioni di politica economica. Di fatto, abbiamo qui un’anticipazione della legge di Kaldor-Verdoorn (o “effetto Smith”, secondo la definizione di Paolo Sylos-Labini). Ovviamente, Smith non fu un socialista. Ma di certo fu ancor meno un economista neoliberista ante litteram. Credo anzi che, se avesse avuto modo di osservare le crisi recenti delle maggiori economie capitalistiche, avrebbe condiviso il commento ironico di Joseph Stiglitz secondo cui spesso la mano invisibile è tale perché… non c’è affatto.

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3 thoughts on “Adam Smith ed il “neoliberismo”

  1. Mi permetto di consigliare a tutti la bellissima introduzione di Michele Bee all’antologia Adam Smith, Economia dei sentimenti, Donzelli 2011. Ve ne dò un piccolo assaggio, che spero possa incuriosirvi: “«Vi porto i saluti di Adam Smith, che è vivo e vegeto e abita a Chicago». Così esordì il premio Nobel per l’economia George Stigler al banchetto per il bicentenario dell’uscita de La ricchezza delle nazioni. Se fossimo in un film americano, la scena potrebbe completarsi in questo modo: quando Stigler alza il calice nell’euforia del banchetto, appare Smith, legato a una sedia e con una benda sulla bocca, che tenta di liberarsi mugugnando nella penombra di uno sgabuzzino dell’Università di Chicago.”

    1. Caro Stefano, grazie per il contributo. Il testo che proponi mi pare assai stimolante. Off topic (ma non troppo): nei prossimi giorni ti mando i miei primissimi esercizi econometrici sul modello di PSL, sulla scorta di Guarini (2007). L’effetto Smith per l’Italia sembrerebbe rilevante ed in linea con PSL.

      1. Bene, il che conferma le mi prime stime OLS. La cosa che però mi piacerebbe considerare è la rilevanza incrociata dell’effetto Ricardo, cioè verificare se l’effetto Ricardo italiano è significativo con segno positivo per la produttività tedesca, così da mostrare la presenza di un vincolo estero di natura tecnologica.

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