Quando nel 2010 ho deciso di aprire un mio sito internet, la Apple presentava l’iPad per la prima volta e l’eruzione di un vulcano islandese mandava in blocco il traffico aereo europeo. La Spagna vinceva il diciannovesimo campionato mondiale di calcio in Sudafrica, mentre trentatré minatori cileni rimanevano intrappolati per mesi a settecento metri di profondità. Gli USA ritiravano i soldati dall’Iraq dopo sette anni e mezzo di occupazione, mentre in Brasile veniva eletta presidente Dilma Rousseff. Nel frattempo, il WikiLeaks iniziava a rilasciare centinaia di migliaia di documenti diplomatici segreti degli Stati Uniti. Nello stesso anno veniva scoperta la stella più massiccia mai osservata fino ad oggi ed anche il buco nero più giovane. D’altra parte, la crisi finanziaria ribattezzata “dei subprime” aveva già lasciato le sponde nordamericane dell’atlantico per approdare in Europa. Di lì a poco una seconda ondata avrebbe investito l’Italia, sprofondandola in una recessione da cui tutt’ora si fatica ad intravvedere una via d’uscita. Da allora, blog, siti e gruppi economici si sono moltiplicati come eresie religiose nel tardo Medio Evo, in alcuni casi contribuendo ad elevare il livello del dibattito economico nel paese, in altri accentuando, se possibile, la confusione sui principali temi di discussione: austerità, riforme, flessibilità, solo per citarne alcuni. E a proposito di flessibilità, è stata proprio la mia condizione di ricercatore e docente precario a spingermi ad aprire questo sito. È qui che per anni ho caricato il materiale da distribuire a studenti e colleghi in un periodo in cui i miei spostamenti continui tra un’università italiana e l’altra mi impedivano di utilizzare i portali universitari. Così, ora che ho finalmente trovato un impiego stabile, ho deciso di non chiudere questo spazio, ma di dedicarlo a quei temi. L’integrazione con gli altri social media è la principale novità, ma conto di caricare a breve nuovi contenuti. E a proposito di novità, qui in Gran Bretagna la notizia del giorno è la vittoria di Jeremy Corbyn alle primarie del Labour Party. Avendolo sostenuto, non posso che esserne felice naturalmente. Sì, lo so che state pensando: ma scusa Marco, se non è andata con Tsipras, perché dovrebbe funzionare con Corbyn? In effetti, nemmeno io sono troppo fiducioso. Però… ci sono due “però”. Il primo è che la Gran Bretagna non è la Grecia per peso economico e ruolo geopolitico. Questa non è necessariamente una buona notizia per Corbyn (perché i gruppi di interesse che gli si opporranno saranno giganteschi), ma è una differenza di cui tenere conto in caso di ulteriori affermazioni future della sinistra laburista. Il secondo è che manca ancora un’intera legislatura alle prossime elezioni politiche. C’è dunque davvero molto tempo a disposizione per le forze della normalizzazione. Ma pure per la “vecchia talpa” per scavare. Insomma, la partita è impari, ma non è ancora persa.

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